IL TEATRO VERDI INAUGURA UN BUSTO DEDICATO A RAFFAELLO DE BANFIELD NEL FOYER
Sono passati quindici anni dalla morte di Raffaello de Banfield.
In questo tempo non ci sono state iniziative di rilievo per commemorarne la figura, per mantenerne viva la memoria, per ricordare il musicista raffinato, il direttore artistico illuminato, il mecenate generoso.
Si fanno continuamente convegni e tavole rotonde, giornate di studio e conferenze concerto, ma il nostro tempo ingrato sembra essersi dimenticato di questo uomo di cultura straordinario, allievo di Malipiero, autore di opere di successo, amico della Callas e di Karajan, di Picasso e Tennesee Williams, di Poulenc e Petit, solo per ricordare qualche nome.
Fu direttore artistico del teatro triestino dal 1972 al 1986 , un vero record di permanenza e durante questi anni il Verdi si segnalò come una delle realtà più interessanti di ambito europeo.
Ogni anno, accanto al grande repertorio interpretato da cantanti che sarebbero diventati pilastri del teatro, un titolo moderno, spesso contemporaneo quando non inedito, allestito nel migliore dei modi, con cast validi , registi importanti, scenografie strabilianti.
Solo per fare qualche esempio, nel 1972 andò in scena ‘La Carriera di un libertino’ con le scene di Emanuele Luzzati e le voci di Mario Basiola, Lajos Kozma, Rosemarie de Rive, Leonardo Monreale, Anna Maria Rota; nel 1974 ‘Maria Golovin’ di Menotti con la regia del compositore, le scena di Samaritani e le voci preziose di una giovane Mariana Niculescu, allora de Sanctis, di Bianca Berini, dell’americano Richard Stiwell.
Nei primi mesi del 1975 fu la volta di ‘Sogno (ma forse no)’ di Luciano Chailly, con la direzione di Nino Sonzogno. Protagonista Gabriella Ravazzi affiancata da Mario Basiola.
L’anno si chiuse con un lavoro moderno, anche se meno recente: ‘Arianna e Barbablù’ di Dukas, con la direzione di Giovanninetti e le voci di Ferruccio Furlanetto, Olivia Stapp, Carmen Gonzales.
Un elenco che potrebbe continuare con ‘La Manna’ di Fabio Vidali, ‘La Libellula’ di Paolo Merkù, ‘Le sette canzoni ‘ di Malipiero, ‘L’Ultimo selvaggio’ di Menotti, ‘Allamistakeo’ di Viozzi e tanti altri spettacoli coraggiosi e raffinati.
Durante la sua gestione l’orchestra ed il coro del Verdi furono colonne portanti del Festival di Spoleto, di cui de Banfield fu direttore artistico dal 1978 al 1986.
Quando il teatro triestino si trovò costretto a chiudere per dei lavori di adeguamento che non potevano più essere rinviati, avvenne quello che ai nostri giorni suona come una sorta di miracolo: il compositore comperò una stazione dismessa e con l’aiuto delle maestranze del Verdi che parteciparono ai lavori di trasformazione, regalò alla città il glorioso Palatripcovich, una realtà che permise a Trieste di continuare a godere programmazione lirica durante i lavori di ristrutturazione .
Quando il teatro giuliano toccò il massimo della rilevanza, cominciò un periodo molto pesante per il Maestro: prima un terribile incidente stradale, poi pesantissimi problemi economico- finanziari, grosse criticità di salute che lo portarono fino all’afasia.
Dalla morte, un silenzio pesante, quasi la volontà di rimuovere dalla memoria collettiva un modello troppo difficile da emulare.
Lo scorso anno, mentre altre realtà celebravano i cent’anni dalla nascita del Maestro, Trieste vedeva abbattere il Palatripcovich, in concomitanza con l’apertura della stagione lirica.
Adesso, finalmente, un gesto d’omaggio: la collocazione nel foyer del teatro di un suo busto, realizzato dallo scultore Davide Di Donato ed una cerimonia celebrativa divisa in due parti.
Nella prima il ricordo del Sindaco, del rappresentante della Regione Friuli Venezia Giulia, del Sovrintendente Polo, che ha raccontato alcuni episodi vissuti in prima persona, quando faceva parte dell’orchestra del teatro.
A chiudere, la figura del Maestro è stata ricordata prima dal Presidente della Fondazione Casali , che ha finanziato la realizzazione dell’opera, poi dal critico Gianni Gori, amico personale e collega, che fra le altre cose ha fatto notare come de Banfield, nonostante i successi teatrali internazionali, abbia scelto di trascurare l’attività di compositore per dedicarsi anima e corpo al teatro triestino, che divenne la sua seconda casa.
Per celebrare lo scoprimento delle statua, il teatro ha organizzato una breve ma sentita cerimonia musicale nella quale sono state eseguite tre delle ‘Sei Liriche per soprano, orchestra d’archi, flauto, corno ed arpa’.
L’orchestra del Verdi ha dato prova di professionalità, passione ,misura, regalando una esecuzione raffinata e puntuale dei brani, magnificamente di diretti da Stefano Furini, musicista eclettico ed artista sensibile, che ha saputo scavare con competenza fra le pieghe di una composizione complessa, mai banale, capace di pastellare momenti di intensa poesia sonora.
Francesca Palmentieri è stata interprete attenta.
Ha mostrato una voce sicura, ben impostata tecnicamente, ricca di un colore interessante, acuti sicuri.
Ha saputo tener testa con bravura alle richieste dei tre pezzi, decisamente differenti fra di loro.
Unica osservazione, ma è peccato veniale, sarebbe stato opportuno un maggior lavoro sulla parola, che permetta di gustare meglio i testi, a partire da ‘Sere d’Ottobre’ di Pascoli, nel quale emerge forte l’interazione attenta e riuscita fra voce solista ed orchestra, che consente alla Palmentieri di brillare con un caleidoscopio di sfumature, ma anche ai musicisti di dare prova di precisione tecnica, eleganza esecutiva , intensità esecutiva.
‘Automne’ è su versi di Gabriel Boissy. Costruita musicalmente con opulenta sapienza, chiede al soprano delle sfumature ambrate, fiati lunghissimi ed acuti taglienti ed complesso orchestrale una grande attenzione a tempi ed effetti sonori.
Chiude il breve concerto ‘Chiostri’, una lirica di Jeanna PerorielVaissiere dalla composizione complessa e coraggiosa, che mette in risalto l’apporto degli archi e cerca toni più aspri e drammatici nel canto.
Alla fine tanti meritati applausi a tutti , con numerose chiamate in scena per direttore e cantante ed un affollamento affettuoso attorno al busto del Maestro.
Gianluca Macovez
Trieste, Teatro Verdi, 28 novembre 2023